Più informazioni acquisisci sui tuoi utenti, maggiori possibilità hai di trasformare un lead, in un prospect, prima, ed in un cliente poi.
Come fare? La risposta si racchiude in due semplici parole: progressive profiling.
Nei numerosi articoli di approfondimento che abbiamo dedicato alle strategie di profilazione e segmentazione dell’audience, abbiamo visto come sia sia possibile conoscere molto sui nostri utenti raccogliendo ed analizzando dati anagrafici, informazioni comportamentali circa, ad esempio, il percorso di navigazione ed acquisto.
Molto spesso, però, tali informazioni non sono sufficienti per fare emergere dati chiave che possono riguardare più da vicino interessi e preferenze, esigenze e necessità.
Per fare questo è opportuno mettere in campo una strategia di profilazione che preveda una richiesta diretta di dati ed informazioni agli utenti, il tutto grazie all’impiego di efficaci form di profilazione dinamica.
Progressive profiling: che cosa è e perché può rivelarsi tanto importante?
Con il termine progressive profiling, si definisce una tecnica mediante la quale si procede ad una profilazione progressiva del contatto con la raccolta di dati ed informazioni a più riprese durante le diverse fasi del customer journey.
Tutto ciò è reso possibile dall’impiego di smart form dinamici.
Come è facilmente intuibile dal loro stesso nome, essi consentono di personalizzare la raccolta di dati ed informazioni sulla base del contesto di navigazione dell’utente: in poche parole è possibile mostrare ad utenti diversi domande diverse, anche in momenti differenti, rendendo il tutto coerente con la loro esperienza di navigazione.
Non è possibile richiedere ai nostri utenti tutti i dati e le informazioni di cui potremmo aver bisogno appena atterrano sul nostro sito o compilano un nostro form, ma è fondamentale far sì che siano gli utenti stessi a rilasciarli in modo del tutto naturale.
Il progressive profiling consente proprio questo, permettendo di richiedere le informazioni giuste al momento giusto.
Form brevi da compilare velocemente, possono così essere mostrati agli utenti anche in diverse fasi di follow-up: l’obiettivo resta quello di qualificare il contatto al fine di offrire customer experience sempre più personalizzate.
Se nome, cognome ed email rappresentano le informazioni chiave che possono essere raccolte anche in una prima fase, ce ne sono altre che possono contribuire a creare profili utenti sempre più completi e che variano in funzione anche degli obiettivi di business.
Eccone alcune
- data di nascita;
- job position
- azienda
- caratteristiche fisiche (taglia, numero di scarpa…)
- gusti ed interessi
- preferenza di stili (classico, casual..)
- passioni.
Progressive profiling: come metterlo in pratica?
Il primo passo per mettere in campo un’attività di progressive profiling efficace è quello di mettere a fuoco le informazioni che riteniamo fondamentali per conoscere a fondo la nostra audience.
Partendo da queste è infatti possibile andare a definire le modalità di interazione con l’utente: non dobbiamo mai dimenticare che la richiesta di dati ed informazioni rientra a pieno titolo nella disegnazione di una strategia di lead nurturing, fondamentale in ambito B2B, ma anche B2C per accompagnare l’utente ad effettuare il primo acquisto.
Nel momento in cui decidiamo però di affidarci al progressive profiling, , dobbiamo sempre ricordare di trovare il giusto equilibrio tra beneficio offerto e dati ed informazioni richieste: sebbene siano sempre di più gli utenti che si dichiarano pronti a rilasciare dati ed informazioni in cambio di un’esperienza personalizzata e di valore, è anche vero che è sempre bene appellarsi al buon senso e commisurare il valore offerto ai dati richiesti.
Ecco che possiamo così identificare tre diverse tipologie di form implementabili in base alla profondità di dati che desideriamo raccogliere.
- Survey o sondaggi: rappresentano la tipologia di form più complessa ma, senza dubbio, quella che può consentire una raccolta molto dettagliata di informazioni. Per questo è opportuno che si riesca a coinvolgere al meglio l’utente.
- Soft lead: rientrano in questa categoria i form più semplici come quelli di iscrizione alla newsletter che non richiedono dati particolarmente articolati. Anche in questo caso è valido il consiglio di rendere chiaro all’utente il beneficio che può trarre da quella particolare azione (es: ricevere in anteprima le promozioni, uno sconto sul primo acquisto…).
- Hard lead: si tratta di form solitamente deputati alla raccolta di informazioni più dettagliate (azienda, data di nascita, ruolo professionale, interessi..) e pertanto prevedono magari la ricezione di un contenuto di approfondimento di valore come un ebook, un case study, un’infografica.
Profilazione progressiva: è possibile solo grazie ai form?
Sebbene, sotto un profilo meramente teorico, con il termine progressive profiling si faccia riferimento alla sola profilazione mediante form, è importante ricordare che esistono altre modalità che ci consentono di qualificare la nostra audience e mettere così in campo strategie di personalizzazione della customer experience.
Il riferimento, in questo caso, è alla tecnica del tagging, che in modalità latente agli occhi dell’utente finale, consente di associare a questo ultimo, particolari etichette in funzione del compimento di alcune azioni, piuttosto che del raggiungimento di particolari obiettivi (es: apertura di una mail, il click su un link, la navigazione di una particolare categoria prodotto, piuttosto che l’acquisto ripetuto di un prodotto, solo per citare alcuni esempi).
In questo caso i tag forniscono informazioni accessorie sul contatto e permettono di filtrare e segmentare gli utenti accomunati da medesime caratteristiche. L’associazione può avvenire manualmente oppure dinamicamente.
Un’efficace attività di progressive profiling è fondamentale per qualificare e valorizzare al meglio la propria audience.