Privacy e tutela dei dati personali da una parte, profilazione e personalizzazione della customer experience dall’altra: quando si parla di informazioni personali, brand, marketer, advertiser ed operatori del settore martech ed adtech, più in generale, si trovano spesso a dover equilibrare due aspetti apparentemente inconciliabili.
La tanto attesa deprecazione dei cookie di terze parti anche da parte di Google ha, di fatto, sancito l’inizio di una svolta epocale nel mondo advertising e marketing, aprendo la strada a nuove sfide e grandi opportunità per quanto concerne la possibilità di creare strategie mirate all’utente.
- Addio ai Cookie di Terze Parti: aziende pronte alla sfida
- Dati di Prima Parte: il valore che nasce dalla fiducia
- Publisher e Advertiser: first-party-data e data collaboration
Addio ai Cookie di Terze Parti: aziende pronte alla sfida
Se per gli utenti la fine dei cookie di terze parti significa maggiore rispetto della propria privacy, per le imprese significa maggiore difficoltà a raccogliere dati per creare strategie marketing e advertising che puntino alla personalizzazione e alla valorizzazione della customer experience.
Un’indagine condotta da Capterra su un campione di 258 professionisti dell’ambito marketing in Italia (“L’ era dei dati senza cookie 2024”) ha, tuttavia, rivelato come ben il 67% delle imprese non sia spaventato dal questo cambiamento epocale che, al contrario, considera come un’opportunità per creare valore.
I dati raccolti evidenziano inoltre che, sebbene, il 68% degli intervistati riconosca la grande utilità dei cookie di terze parti soprattutto per finalità legate alla personalizzazione delle campagne advertising, di fatto, solo il 5% del campione si è dichiarato “molto” o “estremamente preoccupato” dalla loro scomparsa.
Tra le misure, in parte già adottate, vi sono soluzioni che mirano alla valorizzazione delle properties aziendali come canale fondamentale per la raccolta di dati di prima parte, nel pieno rispetto della privacy degli utenti.
Dati di Prima Parte: il valore che nasce dalla fiducia
Con il termine “dati di prima parte“, come sappiamo, indichiamo tutti i dati relativi agli utenti che, raccolti nelle properties aziendali, di fatto risultano di proprietà dell’azienda.
Rientrano in questa categoria, ad esempio, dati anagrafici, comportamentali relativi a percorsi di navigazione ed acquisto, solo per citarne alcuni.
Storicamente il digital marketing ha utilizzato poco i dati di prima parte, ma normative sulla privacy sempre più stringenti e la progressiva deprecazione dei cookie di terze parti, hanno acceso i riflettori sulle loro potenzialità.
Profilazione e segmentazione evoluta della propria audience grazie ad una conoscenza approfondita dei propri utenti, ma non solo: i dati di prima parte rappresentano una risorsa strategica anche in ambito advertising.
Ovviamente tanto più questi sono ricchi e dettagliati, tanto più permettono la creazione di strategie marketing vincenti. Con i dati di prima parte è importante concentrarsi sulla raccolta mantenendo sempre chiari gli obiettivi per la quale viene effettuata.
Non dimentichiamo infatti che i first-party-data, e ancor più gli zero-party-data, sono legati ad informazioni preziose sugli utenti, che vengono rilasciate da questi ultimi in un contesto di relazione con il brand: tanto più è il valore che gli utenti percepiscono derivare dalla relazione stessa con il brand, tanto più alta è la probabilità che rilascino informazioni personali, a patto che l’azienda si mostri trasparente e responsabile in merito al loro impiego.
Publisher e Advertiser: first-party-data e data collaboration
Se per brand e aziende il valore dei dati di prima parte per attività marketing risulta facilmente comprensibile, lo è meno se ampliamo il contesto a publisher e advertiser, gli altri due principali protagonisti del mondo madtech.
Dati di prima parte, sebbene di valore, non consentono di per sé di mettere in campo attività marketing scalabili: la reach delle campagne attivate su questi sarà sempre inferiore rispetto a quanto consentito con l’impiego dei cookie di terze parti.
È qui che entra in gioco la data collaboration, ovvero la possibilità per i soggetti coinvolti di accrescere il valore dei propri dati nel pieno rispetto della privacy degli utenti interessati, garantendo anonimato e permettendo a ciascun soggetto in gioco di preservare la proprietà dei dati.
Editori possono così sfruttare l’enorme quantità di dati raccolti nelle proprie properties non solo per migliorare l’esperienza di navigazione e fruizione dei contenuti all’interno dello loro pagine, ma anche permettendo agli inserzionisti di connettersi con altre audience proprietarie tramite uno spazio digitale (data clean room) protetto e sicuro in cui la data collaboration avviene senza scambio alcuno di dati, nel pieno rispetto della privacy degli utenti interessati.
Ecco che anche nell’ecosistema pubblicitario i dati di prima parte assumono una significativa centralità aprendo per i soggetti coinvolti grandi opportunità sia in termini di data monetization che di ottimizzazione delle creatività e dell’efficacia delle campagne.