Scegliere è un’operazione costosa (in termini di tempo ed energie mentali), per questo le persone tendono a decidere velocemente cosa vogliono fare. Spesso, se non trovano subito quello che cercano o non ricevono gli stimoli giusti, abbandonano l’impresa.
E’ sulla base di questo assunto che colossi come Amazon o Netflix hanno sviluppato algoritmi di recommendation su prodotti e servizi, con l’obiettivo di mantenere elevato l’engagement del consumatore permettendogli di scoprire con facilità prodotti di suo interesse.
Aiutami a decidere
Come dice Jeff Bezos “We don’t make money when we sell things. We make money when we help customers make purchase decisions.”– trad. “Non facciamo soldi quando vendiamo prodotti. Facciamo soldi quando aiutiamo i clienti nel decidere cosa acquistare” – e questo è quanto mai vero: l’esperienza utente è migliore se si riduce anche il tempo della decisione, tanto che si parla non solo di customer journey ma di decision journey. Gli utenti, come spiega bene Gianluca Diegoli in questo post, con il loro comportamento ormai pienamente tracciabile, “rilasciano” sufficienti dati da potersi attendere delle esperienze personalizzate. Gli algoritmi di intelligenza artificiale servono dunque a questo: a proporre i contenuti più interessanti per il singolo cliente, con il solo obiettivo di rendere fluido il processo della scelta (evitando quindi, tra le altre cose, che l’utente si rivolga altrove).
Va da sé che questo contribuisce fortemente ad aumentare le vendite e il life time valure del cliente; un’esperienza personalizzata è indubbiamente una delle componenti principali della fidelizzazione.Come funziona un algoritmo di intelligenza artificiale nel marketing? Il caso di NetflixGrazie alla pubblicazione di questo articolo (ACM Transactions on Management Information Systems, Vol. 6, No. 4, Article 13, Publication date: December 2015), siamo in grado di spiegarvi come Neflix abbia utilizzato l’intelligenza artificiale per migliorare l’esperienza utente. Vi descriveremo il ragionamento alla base di alcuni loro algoritmi per comprendere come funziona l’intelligenza artificiale nella marketing automation.La domanda iniziale di Netflix era questa: quali informazioni dobbiamo tenere in considerazione per poter consigliare a un nostro cliente, qualcosa che potrebbe piacergli? Le primissime analisi, che risalgono ormai ad alcuni anni fa, si erano fermate al rating: calcolavano quante stelline gli utenti davano ai film visti e su quella base l’algoritmo selezionava prodotti simili, per genere o caratteristiche.
Il cambio di paradigma avviene quando Netflix inizia a considerare altri fattori: per esempio quando e come sono stati guardati i film (tipo di device, giorno della settimana, ora), in che modo sono stati trovati, ecc. Addirittura comincia a tenere conto anche di quali contenuti sono stati raccomandati, ma non cliccati, utilizzando l’insuccesso dell’algoritmo come fonte di informazioni per l’algoritmo stesso. Le persone lasciano tantissime informazioni solo usufruendo del prodotto…perché non usarle?Con questa idea nel tempo vengono sviluppati diversi algoritmi che “collaborano” tra loro. Il primo si chiama PVR (Personalized Video Ranker) e si basa principalmente sulla personalizzazione delle preferenze del singolo utente sull’ ’intero catalogo. Il secondo è il Top N video ranker ed ha lo scopo di trovare le migliori raccomendation dell’intero catalogo focalizzandosi solo sulla parte alta del ranking generale di tutti gli utenti.Tutti gli algoritmi, insieme alla quantità dei prodotti mostrati, contribuisce a quella che a oggi viene definita la Netflix Experience.
Come funziona l’intelligenza artificiale nella marketing automation?
Il machine learning è un processo di apprendimento continuo. Nel marketing in particolare tiene conto di tutti i dati che l’utente lascia dietro di sé in ogni occasione di interazione con il brand.
Su cosa si basano gli algoritmi?
Su quello che un cliente ha comprato, sulle sue abitudini di acquisto (orari, giorni, stagioni, device), su quello che ha visto navigando il sito web, sul tipo di canale che ha utilizzato per contattare l’azienda, su quali email ha cliccato e quali post ha letto su facebook, oltre a molte altre variabili che riterremo rilevanti per la customer experience che vorremo offrirgli. Oggi la tecnologia consente alle piattaforme di raccogliere e normalizzare ogni tipo di informazione, incluse quelle offline, per consentire agli algoritmi di migliorare ogni giorno.Non tutte le piattaforme di marketing automation sono uguali e la grande differenza risiede proprio nell’intelligenza artificiale. Alcune si muovono esclusivamente su pattern prestabiliti e non automatizzano sulla base di un algoritmo ma esclusivamente sul verificarsi o meno di una regola. In un certo senso eseguono ordini dopo che l’utente ha fatto o non ha fatto qualcosa (un esempio sono le notifiche via email dopo un click).Quelle basate sul machine learning viceversa autoapprendono costantemente e prendono decisioni al posto delle persone, aggregando le informazioni tra loro in un modo che sarebbe impossibile per un operatore.
L’intelligenza artificiale nella marketing automation è quindi proattiva e utilizza i dati non solo per reagire a stimoli del passato, ma soprattutto per predire quello che gli utenti desidereranno.Chiudiamo lasciandovi alla lettura di questa ricerca di Smart Insight, che segnala il marketing predittivo come uno dei mega trend del 2017. Lo sapevate?