Informazioni anagrafiche, comportamenti di navigazione, preferenze ed abitudini di acquisto, e non solo: se prendiamo in considerazione le diverse interazioni che possono verificarsi tra brand e consumatore durante l’intero customer journey, sono davvero molteplici le informazioni che quest’ultimo rilascia e che possono essere raccolte all’interno delle properties digitali e non dell’azienda.
Gran parte dei dati raccolti possono essere ascritti alla categoria dei “dati di prima parte” che, come sappiamo, comprende tutti i dati rilasciati sotto consenso informato dagli utenti, come detto, all’interno delle properties aziendali.
Storicamente digital marketing e advertising hanno sempre fatto poco ricorso ai dati di prima parte, ma normative sulla privacy sempre più stringenti e l’annunciata deprecazione dei cookie di terze parti, hanno acceso i riflettori sulle loro potenzialità anche in ambito B2B.
Non dimentichiamo, infatti, che i first-party-data, e ancor più gli zero-party-data, questi ultimi forniti direttamente dagli utenti, sono legati ad informazioni preziose, che vengono rilasciate in un contesto di relazione ed interazione con il brand: tanto più è il valore che gli utenti percepiscono derivare da questo stesso scambio, tanto più alta è la probabilità che rilascino informazioni preziose, a patto che l’azienda si mostri trasparente e responsabile in merito al loro impiego.
Lead generation e dati di prima parte: il valore della profilazione
In un contesto in cui i dati di prima parte assumono una nuova centralità a livello strategico, le attività di lead generation, consentono di sfruttarne tutto il potenziale.
Letteralmente, il termine lead significa “potenziale cliente”, in realtà è qualcosa di più di un potenziale cliente, in quanto si tratta di un utente che, oltre ad aver manifestato interesse, ha fornito preziosi dati di contatto oltre che il consenso a ricevere informazioni di natura commerciale.
Ecco allora che con il termine “lead generation” si vanno ad identificare tutta una serie di attività volte all’acquisizione di contatti qualificati, ovvero caratterizzati da informazioni di contatto che possono essere sfruttati al meglio dai reparti marketing e sales dell’azienda.
Un’efficace attività di lead generation non solo permette la raccolta di un contatto, sia esso un’email o un numero di telefono, ma prevede anche la raccolta di dati ed informazioni utili a profilarlo: pensiamo, ad esempio, ai contenuti visitati, alla campagna da cui proviene l’utente o più semplicemente ai dati che rilascia nel momento stesso in cui fornisce il proprio contatto (es: nome aziende, settore, ruolo..).
Tali informazioni, come possiamo ben immaginare, sono fondamentali per mettere in campo le prime attività di personalizzazione dell’esperienza di navigazione o acquisto.
Lead nurturing e dati di prima parte: l’importanza di un’attività di progressive profiling
Raccolta di dati ed attività di profilazione in fase di lead generation, ma non solo: se quest’ultima rappresenta la fase iniziale della relazione tra utente e azienda, il tempo T0 in cui il primo sceglie di trasformarsi da “utente anonimo” ad “utente conosciuto”, tuttavia, è nella fase successiva che tale relazione si struttura.
È la fase del lead nurturing, rappresentata da tutte quelle attività e strategie che vengono implementate al fine di qualificare il contatto appena acquisito. Si tratta di una fase tanto articolata quanto rilevante, in quanto è proprio quella in cui avviene la trasformazione di un contatto da “freddo” a “caldo”, ovvero realmente interessato alla proposta del brand e pertanto pronto a trasformarsi in potenziale cliente.
Soprattutto in ambito B2B, i dati raccolti durante la fase di lead generation diventano fondamentali per personalizzare l’interazione stessa con l’utente, offrendo contenuti di approfondimento personalizzati, basati sulle sue reali esigenze ed aspettative.
Ma le informazioni raccolte nella prima fase possono essere sufficienti? Spesso no! Un’attività di lead nurturing prevede, nella maggior parte dei casi, l’invio di comunicazioni mirate via email e la personalizzazione di contenuti ed approfondimenti durante le diverse interazioni dell’utente all’interno delle properties digitali dell’azienda.
Anche durante queste attività, molte informazioni possono essere progressivamente raccolte, in modo più o meno diretto, al fine di profilare sempre di più il potenziale cliente.
I dati di prima parte possono così essere arricchiti e al contempo essere utilizzati come base per attività di progressive profiling che consentono di conoscere a fondo la propria audience.
Non dobbiamo mai dimenticare che l’obiettivo di una strategia di lead nurturing è quello di trasformare un lead in un cliente, accompagnandolo con naturalezza alla scelta e all’acquisto di un prodotto/servizio.
Lead generation e lead nurturing: come valorizzare i dati di prima parte con Blendee
Acquisire lead è solo il primo passo: trasformarli in prospect e, successivamente in clienti, prevede la costruzione di una vera e propria relazione.
Blendee consente di mettere in campo efficaci strategie di profilazione e segmentazione dinamica della propria audience, nonché attività di personalizzazione mediante l’impiego di engine ed APP.
Behavioural message, smart form dinamici e survey sono gli engine base su cui costruire la propria strategia di lead generation. Essi permettono di richiedere le informazioni giuste al momento giusto, rendendo l’utente stesso più “predisposto” a rilasciarle.
Sebbene raccolti in fasi diverse del customer journey dell’utente, tali dati vengono normalizzati a livello di single e unified customer view. Processi di identity resolution consentono, infine, di conoscere e riconoscere l’utente in modo univoco in contesti omnichannel ed in ottica cross-site e cross-device.
Dalla raccolta alla segmentazione evoluta con l’engine “Segmenti”, alla personalizzazione, il passo è breve: Blendee consente di predisporre workflow ed attività di follow up personalizzate ed automatizzate mediante l’engine “Campaign Manager”.
Contenuti e messaggi personalizzati, sulla base dei dati raccolti, possono, così, essere veicolati ai diversi utenti accompagnandoli durante l’intero customer journey.